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La nascita del Raid
Il fuoriclasse Rossi di Montelera
Capitolo 3

La nascita del Raid

Nel 1908 si bandì una gara fra natanti veloci sul percorso Piacenza-Venezia, idea bella e coraggiosa per tempi in cui la motonautica era ancora gli albori. Nel 1929, ricordando quell’impresa, Vincenzo Balsamo, ingegnere napoletano e appassionato marinaio che presiedeva il Gruppo Motonautico della Lega Navale di Milano, propose alla società Canottieri Ticino di Pavia di organizzare una prova di turismo nautico sul Po, un Raid da Pavia a Venezia lungo un percorso di 414 km che toccasse il Ticino, il Po e poi, attraverso il canale di Brondolo he a quel tempo era chiamato Canale Vittorio Emanuele III, sboccasse in Laguna a Chioggia, raggiungendo infine Venezia.

A quel tempo la motonautica era già popolare. Sui laghi si organizzavano prove e gare di velocità. Era ovviamente uno sport d’èlite, che appassionava la nobiltà e la borghesia facoltosa. Ad aiutare Vincenzo Balsamo nell’organizzazione di questa audace prova sulla distanza, furono fra gli altri Piero Sozzani e Paride Negri con i figli Ettore e Tino che, già pluricampioni di canottaggio, erano titolari di un imbarcadero per il noleggio delle barche sul Ticino.

Il primo raid si svolse la domenica del 6 giugno 1929. Gareggiarono Ettore e Paride Negri, il primo con un motore Elto 350cmc e il secondo con un Elto 500 cmc e vari team dove il pilota richiedeva un secondo non solo in qualità di meccanico, ma per la conoscenza preziosa nella navigazione fluviale sul Po e sul Ticino: Quartana-Varesi (con un Johnson 500 cmc), Carbone-Zanasi (Lockwood da 350cmc), Benzoni-Fregnani (Johnson da 500cmc), Castaldi-Borromeo d’Adda ( Elto da 500 cmc).

I concorrenti partirono alle 4 del mattino: le rive degli argini erano popolate da una folla di appassionati. Tra gli ospiti illustri che affiancarono i commissari di gara e il commissario delle acque Contrammiraglio Camperio, l’Ing. De Capitani per il Touring Club, i giornalisti Emilio De Martino del Corriere della Sera e Arturo Pianca del Popolo d’Italia.

La gara fu vinta dal minuscolo fuoribordo di Ettore Negri, assistito dal meccanico Luigi Calvi (11.36’23’’). Al secondo posto si piazzò il conte Franco Mazzotti su un magnifico motoscafo Pitta, andato in secca ben 4 volte, nei punti più insidiosi dell’Eridano, come si chiamava il Po nel tempo antico. La signorina Balboni, in ritardo per una infinità di incidenti, arrivò dopo oltre 40 ore.

 

A partire da quella edizione il Raid venne effettuato regolarmente e senza interruzioni fino al 1939. Le prime tre edizioni le organizzò la Società Canottieri Ticino in collaborazione con la Lega Navale. Nel 1932, da una costola della Canottieri Ticino nasceva l’Associazione Motonautica di Pavia. L’edizione 1933 del Raid partì dalla sede galleggiante della nuova associazione.

Nel giro di 6 anni, tra il 1933 e il 1939, le medie orarie vennero stravolte. In soli sette anni si passò dai 35,670 km/h agli 86,73 km/h, dalle oltre 11 ore di Ettore Negri alle 5 ore e un minuto di Theo Rossi di Montelera. Sull’acqua comparvero bellissimi idroscivolanti che imposero la loro supremazia sugli scafi ad elica immersa.

Il conte Franco Mazzotti vinse due edizioni del Raid con scafo SIAI e motore Isotta Fraschini, il capitano Attilio Biseo vinse le edizioni del 32 e del 34 con un idroscivolante SIAI e motori Fiat e Farina. Il conte Theo Rossi di Montelera vinse tre volte nel ’33, nel 35 e nel ’36. Nel 1937 staccò tutti il tenente colonnello Goffredo Gorini con scafo SIAI e motore Alfa Romeo. Nel 1936, nella categoria idro corse Vito Mussolini con un principe Ruspoli in qualità di meccanico. L’edizione del 1939 fu l’ultima prima della guerra.

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Il fuoriclasse Theo Rossi di Montelera

Il Conte di Montelera era un personaggio straordinario. Grande conoscitore di motori, meticoloso organizzatore, affabile con tutti. Amava le sue ‘macchine’ quei mitici idroscivolanti che incantavano le folle in partenza da Pavia e all’arrivo a Venezia, lasciando sempre una durevole traccia di sé. Con le sue vittorie e il suo comportamento, sollevava ovunque ammirazione ed entusiasmo. In uno dei suoi viaggi in Usa fu ricevuto dal Presidente Franklin Delano Roosevelt. Egli resta nella storia del Raid Pavia-Venezia per le sue eroiche vittorie, ottenute in coppia con l’ingegner Guido Cattaneo, negli anni 1933-1936.​

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I Raid del Dopoguerra

Il raid riprese nel 1952, dopo la forzata sosta bellica che colpì duramente anche la città di Pavia. Il 4 settembre del 1944 infatti, le bombe degli aerei delle forze alleate avevano colpito anche i tre ponti sul fiume Ticino, per tagliare la strada alle forze tedesche in ritirata. Le bombe distrussero anche le abitazioni civili vicino alle rive del fiume, soprattutto il Borgo Ticino. Le incursioni continuarono per i giorni successivi, finchè le arcate spezzate dei ponti rimasero a specchiarsi nel fiume, testimone della tragedia.

La prima edizione del Dopoguerra fu allestita dopo la disastrosa piena del ’51. I ponti erano stati ricostruiti e il fiume era tornato ad essere il luogo di svago e di attrazione di sempre, barche e motoscafi avevano ripreso a navigarlo come prima.

L’edizione del 1952 vide la scomparsa degli idroscivolanti, strani oggetti a metà tra l’imbarcazione e l’aeroplano. La scena venne dominata dai racers, che migliorarono i record per molti anni. Si trattava di motoscafi di provenienza americana, nati per le gare su circuito. Erano equipaggiati con potenti motori entrobordo: le loro sagome sfreccianti sotto le arcate del rinato Ponte Coperto di Pavia, divennero l’icona stessa del Raid Pavia Venezia.

I racers avevano profili bassi e aerodinamici, simili a quelli dei bolidi di Formula 1 degli anni ’60-70: con un posto guida piccolo e stretto, cupolino con volante, scappamenti lunghi sui fianchi dello scafo.

Negli anni di “Lascia o raddoppia” e del boom economico, i motoscafi meno potenti partivano ancora una volta prima dell’alba, poi era la volta delle altre categoria. A mezzo giorno rombavano i motori degli scafi più potenti. Nel decennio 1954-1963 brillò la stella di Augusto Cometti, che con il suo Pelaochi vinse ben sei edizioni del Raid. Il suo racer, anche se inizialmente era equipaggiato con un motore meno potente dei suoi competitors, sfrecciava sicuro sul fiume perché il pilota percorreva decine di volte l’anno il Po in barca, annotando i punti più insidiosi.

Nell’edizione del 1963 egli sfiorò i 160 km/h, arrivando al traguardo in 2.26’45’’. Le edizioni del 1964 e del 1965 furono vinte dal parmense Leopoldo Casanova. Flavio Guidotti nel 1964 si aggiudicò la Coppa Montelera. Ermanno Marchisio prevalse nel Raid del 1966. La 27° edizione del Raid nel 1967 portò alla ribalta il pilota Enzo Faroppa. Nel 1968 la vittoria andò a un altro alfiere dell’entrobordismo, Guido Caimi.

Ma nel 1969 i fuoribordisti si presero la loro bella rivincita con la vittoria di Carlo Rasini, che superò in volata, nell’ultimo minuto di gara, Franco Caimi. Rasini guidava un catamarano costruito dai cantieri Molinari, azionato da un motore Mercury.

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Le gesta del Pelaochi
I vecchi che scrutano le rive del Po ricordano ancor oggi le gesta del Pelaochi, il motoscafo rosso di Augusto Cometti, detentore del primato mondiale per la categoria entrobordo nel 1952. Si iscrisse al Raid ma ebbe bisogno di studiare il campo di gara per due anni, prima di riscuotere la sospirata vittoria. Vinse ancora nel 1955 (anche la Coppa Montelera) e nel 1957. Dopo due anni di pausa si ripresentò nel 1959 da solo, con un Timossi battezzato ancora una volta Pelaochi, vincendo ancora una volta la gara e la Coppa Montelera. Sull’ambito trofeo, egli avrebbe fatto iscrivere 209, 815. E’ la velocità che Cometti ha segnato nel tratto fra Piacenza e Cremona nel 1959, ma che la giuria del tempo non se la sentì di avallare, preferendo assegnargli il trofeo dedicato al Conte di Montelera sulla velocità rilevata fra Pontelagoscuro e Volta Grimana km/h 174,344. Cometti colse la sesta vittoria consecutiva nel 1963, la più bella a suo dire, della sua entusiasmante carriera sportiva.

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L’epoca delle grandi sfide
Gli anni Sessanta si chiusero all’insegna dell’eterno confronto-scontro fra entro e fuoribordo e tra catamarani e racers. Nel 1970 brillò Renato Molinari con un fuoribordo che superò i 137 km/h. Ma la vittoria del Raid andò al parmense Roberto Brunelli, che pilotava un’imbarcazione costruita dai cantieri Rimossi, azionato da un Motore BPM Vulcano da 8000 cc, 8 cilindri a V, 4 carburatori a doppio corpo e una potenza di 500cv. Molinari e Rasini, sul podio con lui, guidavano fuoribordo costruiti dalla Mercury.

Brunelli firmò anche l’edizione 1971 nella quale stabilì anche il nuovo record assoluto a oltre 161 km/h., ma non riuscì a fare il bis per la Coppa Montelera: il record dei 178.582 rimase ancora nel carniere di Cometti. Al secondo e terzo posto si piazzarono il pavese Franco Migliavacca con un racer della classe 2500 e Giovanni Pallolio con un catamarano.

Al raid del 1972 si iscrissero ben 149 concorrenti e di questi un centinaio raggiunsero regolarmente il traguardo. Roberto Brunelli conseguì la terza vittoria dopo una dura battaglia con Rasini, l’avversario di sempre e stavolta si aggiudicò anche la coppa Theo Rossi di Montelera, ottenendo il miglior tempo nel tratto Isola Serafini-Revere. Gabriella Corti vinse nella classe 700cc carena tradizionale.

Il 1973 fu l’anno della riscossa per i catamarani, favorita dal livello basso delle acque e dalle numerose secche. Renato Molinari a bordo del suo Molinari-Mercury strappò la vittoria a Gino Lupi – su un racer Timossi con motore BPM- per una manciata di secondi. Il 1974 fu ricordato per le perfette condizioni del Po: Carlo Rasini ottenne una media oraria superiore ai 158km con un catamarano costruito da Mercruiser.

La lotta tra i giganti delle classi R3, R4, R5, Roo si risolse infine a favore del padovano Antonio Petrobelli, che migliorò i primato assoluto di velocità, portandolo a 166.331 km/h. Al secondo posto si piazzò il pilota mantovano Luigi Mattioli, con un tre punti motorizzato Alfa Romeo, al terzo si piazzò onorevolmente Gino Lupi.

Il Raid del 1975 è entrato nella storia per i colpi di scena finali. Si concluse in pratica a notte fonda, dopo la presentazione alla giuria di reclami e controreclami da parte dei piloti. Tutto successe a causa dell’errata interpretazione data da alcuni concorrenti a un articolo del regolamento riguardante il tratto Volta Grimana – Chioggia, che doveva essere percorso in un tempo massimo di 60 minuti. Fino all’anno prima ne erano stati concessi 90: la variazione fu ignorata da ben 23 equipaggi che impegnarono un tempo superiore.

Alla fine il successo fu deciso dei tempi di penalizzazione inflitti ai due piloti che fecero registrare i migliori tempi e la palma della vittoria fu ritirata da Giuseppe Colnaghi vinse con un catamarano entro-fuori bordo, spinta da un propulsore costruito da Mercruiser in grado di sviluppare una potenza di 400 cv. La coppa Theo Rossi di Montelera se la aggiudicò il pavese Annibale Beltrami.

La magra eccezionale del Ticino del 1976 costrinse gli organizzatori a sposare la partenza al Ponte della Becca e a fronteggiare un’edizione travagliata: si iniziò con un minacciato sciopero degli addetti alle conche, seguirono un numero altissimo di ritiri e incidenti che coinvolsero campioni del calibro di Brunelli. Alla fine vinse ancora Giuseppe Colnaghi, superando di misura Renato Molinari e Teresio Lupano.

Il pavese Annibale Beltrami vinse la 37° edizione nel 1977 regalando alla corsa un nuovo primato di velocità, 170 km/h. Nelle classi minori primeggiarono Ubaldo Becco, Alberto Mammuccari, Emilio Mazzocchi, Giuseppe Todeschini e il principe Diofebo Meli Lupi di Soragna.

L’anno seguente il record di Beltrami fu demolito dalle prodezze di Renato Molinari che volò da Pavia a Venezia in meno di due ore. Il nuovo primato venne fissato a 187.286 km/h.Giuseppe Colnaghi, festeggiato inizialmente come vincitore, fu retrocesso al secondo posto alle spalle di Renato Molinari a causa del ritardo impiegato per l’attraversamento delle conche. Egli gareggiò comunque a una velocità media superiore ai 170 km/h. Molinari innalzò il record della Coppa Montelera a 192.408 km orari.

L’edizione speciale 50° del Raid, nel 1979, vide la collaborazione speciale della Federazione Italiana di Motonautica. Renato Molinari vinse alla guida di un catamarano azionato da un fuoribordo Evinrude di 2500cc.

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Il principe di Zibello
Roberto Brunelli è l’uomo delle vittorie gloriose raccolte con quel sorriso da rubacuori e delle sconfitte cocenti, quelle che arrivano all’ultima boa, sull’ultimo rettilineo, all’ultimo minuto. Ma lui sapeva festeggiare in tutte e due le occasioni, banchettando fino a notte fonda all’arrivo trionfale a Venezia con gli amici o lungo il Po fino a notte fonda con i barcaiolo che lo rimorchiavano a riva. Su scafi competitivi e velocissimi sapeva imporre il suo stile: vinse per tre anni consecutivi tra il 1970 e il 1972. Nel 1975 sfiorò un’altra vittoria. Si ritirò definitivamente all’inizio degli anni Ottanta, ma la passione per le gare e le velocità rimase. Nato in sella ad una moto, prima di passare alla motonautica, è tornato all’antica passione (nella versione sidecar).

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I grandi cavalieri del Po
Gli anni Settanta si chiusero con i fuochi d’artificio. Ma il 1980 con il Po in magra, fu un anno da dimenticare. Pochi iscritti e poche facce nuove, anche se non mancarono i graditi ritorni, come quello del Conte Antonio Petrobelli. Il vulcanico Fabio Buzzi portò in gara una bellissima barca di sua progettazione spinta da un motore diesel, ma dopo pochi chilometri fu necessario farlo rimorchiare da un battello..

Fine corsa anche per Eugenio Molinari e per Renato Molinari dopo Isola Serafini. Antonio Petrobelli portò a casa la coppa del vincitore e la Coppa Montelera dopo 2 ore e 15 minuti di corsa alla bella media di 170.348 km/h. Alle sue spalle si piazzarono Rasini e Manfredini. Eugenio Molinari vinse l’edizione 1981, mentre Virgilio Molinari ruppe il timone sui massi a pelo d’acqua della famosa curva di Riva di Suzzara, in provincia di Mantova, che affrontò temerariamente 180 km/h.

Il 1982 fu un altro anno ‘nero’ per la corsa. Aldo Martinetto, giornalista di “Vela e Motore “sottolineò l’importanza di rilanciare la corsa che vedeva sempre meno partecipanti. L’edizione fu vinta da Giovanni Cima, precedendo Giulio Ricci e Bruno Malugani.

Il 1983 il vento cambiò: furono più di cento le barche alla linea di partenza a Pavia e non mancò l’affluenza di pubblico lungo tutto il percorso, che assisteva alle strabilianti performance del filante tre punti di Fabio Buzzi, motorizzato con un 12 cilindri Isotta Fraschini. I piloti affrontarono in primo tratto, da Pavia alla conca di Isola Serafini, a una velocità media di 200 km/h. I primi 87 chilometri, insomma, venivano coperti in poco più di mezz’ora.

La gara fu vinta da Alberto Fioretta su un Molinari-Mercury, superando i 152 chilometri orari. La coppa Montelera se la aggiudicò invece Giulio Ricci. L’edizione del 1984 verrà ricordata per i record. Il Conte Antonio Petrobelli coprì l’intero percorso in meno di due ore, risultando una media oraria finale di altissimo valore, pari a 188.704 km Alle spalle di Petrobelli si classificarono Pierluigi Calderoni, mentre sul terzo gradino del podio salì Nico Malinverni. Ma la vera star del Raid fu il pilota inglese Tony Williams, noto per le sue partecipazioni al campionato di Formula 1.

Il Conte Petrobelli vinse anche l’edizione 1984 del Raid ed entrò, con questa prova, nell’Olimpo dei campionissimi. Nel corso della gara si erano ritirati Buzzi, Beltrami ed Eugenio Molinari. Per problemi logistici e ambientali nel 1986 la Pavia-Venezia divenne di fatto la Pavia-Chioggia. Ma non per questo mancarono gli sfidanti: alla partenza si iscrissero ben 130 equipaggi e alcuni di questi erano i gloriosi idroscivolanti, scomparsi nelle edizioni del Dopoguerra. Vinse ancora Antonio Petrobelli, alla guida del suo “Biso V” costruito nei cantieri Celli e spinto da un motore 8 cilindri BPM.

Il bel tre punti spinto da un12 cilindri Lamborghini di Fabio Buzzi si distrusse in un incontro ravvicinato con un isolotto di sabbia. Petrobelli toccò la velocità di 179.880 km/h. Zocchi Ballabio vinse nella rinata categoria idroscivolanti accontentandosi di arrivare a 67km/h. Nel quarantasettesimo Raid del 1987 il nobile padovano Pietrobelli ottenne la vittoria che gli permise di eguagliare il record di coppe conquistate da Augusto Cometti.

La conquista del traguardo, comunque, fu piuttosto travagliata. Un legno semisommerso danneggiò la barca del padovano, mettendone in forse la tenuta sino all’arrivo. Questa edizione sarà comunque ricordata come quella delle ‘Tre Marie”, vista la presenza di un equipaggio tutto al femminile formato da Silvana e Nicoletta Mora con Paola Petrobelli, giunte al traguardo con un Marlin Boat Suzuki in 10 ore. Stefania Bartoli giunse terza nella classe 1.

L’anno seguente (1988) Petrobelli toccò la vetta delle cinque vittorie consecutive e delle sette vittorie assolute. A fermare la sua inarrestabile rincorsa ai records fu, a pochi chilometri dall’arrivo, un guasto meccanico, nell’edizione del 1989 che fu vinta da Mauro Danini alla guida di uno scafo Molinari con motore Lamborghini 8200 cc. Il pilota mantovano si aggiudicò anche la prestigiosa coppa Montelera. Alle sue spalle si piazzarono Ranieri e Franco Leidi.

Noblesse oblige: il Conte Petrobelli
La prima barca di Antonio Petrobelli, fu il frutto di un baratto: motoscafo in cambio di un toro. Poi si procurò un Celli usato con un assetto perfetto, poi un vecchio scafo Timossi che venne sistemato un po’ alla buona con colla, vinavil, legno e legnetti e ridipinto di grigio, poi di rosso. Da lì il nome Biso I. Quando si presentò a Pavia per il suo primo Raid, il giovane conte Petrobelli faceva finta di niente, in mezzo a tutti quegli scafi lucenti. Ma dentro di sè il suo fido meccanico Italo Ruzza, pensava: “Noialtri gavemo il color dato col peneo!” . Gli scarichi del motore erano stati fatti in casa. A un certo punto si staccarono, il meccanico seduto dietro al pilota prima li legò con del fil di ferro, poi finì per tenerli in mano, mentre fra le gambe aveva la borsa dei ferri. Dopo il Biso I ce ne furono altri cinque. La sera prima di ogni raid il Conte e il meccanico se ne andavano in qualche bettola lungo la riva del Ticino a mangiare le rane fritte, poi finivano con fragole e zucchero e se ne andavano a dormire presto. La prima vittoria assoluta di Antonio Petrobelli fu nel 1980, poi seguirono le altre consecutive dal 1984 al 1988.

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L’era del Raid Spettacolo
Col 1989 si chiudeva un decennio di grandi piloti. E con il 1990 si apriva quello del Raid-spettacolo. Primo colpo di scena: la partenza da Cremona a causa del basso livello del Po. Su un percorso così risicato, si scatenò un quintetto di campioni formato da Petrobelli, Buzzi, Danini, Caramelli e Casanova.

Petrobelli e Buzzi si sfidarono lanciati alla velocità massima con una sola idea in testa, demolire il record dei 200 km orari. La corsa fu dominata da Buzzi che correva alla media oraria di 195.149. Ma Petrobelli a sorpresa lo superò in finale, registrando una media oraria di 198.868 Kn/h. La vittoria nella speciale classifica prototipi fu conquistata da Andrea Bonomi alla guida di una bellissima imbarcazione.

Nel 1991 il Raid tornò al suo vecchio tracciato, sui quasi 400 km di percorso. Un po’ a sorpresa si imposero Gervasoni e Bianchini alla guida del loro entrobordo Mostes azionato da un motore BPM. Fu un’edizione caratterizzata da condizioni metereologiche funeste e da un fortissimo vento. I vincitori infatti chiusero con una media oraria di 147.286.

La vittoria della Coppa Montelera fu conquistata da Balocchi. Giuseppe Landini vinse l’edizione del 1992- ancora una volta con partenza da Cremonea -alla soglia dei 50 anni e con alle spalle molte partecipazioni al raid, toccando la media oraria di 192.509. Alle sue spalle si piazzarono Luca Radice e Mauro Danini.

Ma la vera star di quella edizione fu il tennista Adriano Panatta che, al termine di una gara travagliata per il malfunzionamento del trim, si classificò al quattordicesimo posto finale e al quinto posto nel tratto cronometrato per la Coppa Montelera.

Nel 1993, Maurizio Caramelli, grande veterano della motonautica e del raid, vinse finalmente la Pavia-Venezia dopo un duello ingaggiato sin dalla partenza con il team formato dallo svizzero Sandro Gianella e il borettese Giuliano Landini. Il pilota pavese portò il suo Lucini-Mercury motorizzato con un 12 cilindri Lamborghini alla media oraria di 191.289 chilometri orari. A questa edizione partecipò un altro team di vip, Alessandro Benetton, in coppia con Andrea Bonomi, che concluse la gara superando la velocità media oraria dei 150 km.

Il raid del 1994 fu adombrato dalla scomparsa del mitico Antonio Petrobelli, dalle proteste degli ecologisti e dal tempo che funestò la gara con un vento fortissimo. Dei pochi partecipanti, una parte fu fermata d’imperio dalla giuria a Boretto, solo pochi poterono ripartire e toccare il traguardo. Vinse l’equipaggio formato da Nordio e Comparato. La coppa Montelera fu aggiudicata a Giuliano Landini.

Il raid del 1995 portò sul podio un nome nuovo, quello di Remo Ranieri, che negli anni precedenti aveva ottenuto ottimi piazzamenti. L’anno successivo vinse uno svizzero, il pilota Secondo Spacio: impalmò la vittoria con un piccolo racer ‘classe 3. La Coppa Montelera fu invece conquistata dal nuovo astro nascente Dino Zantelli che avrebbe presto fatto parlare di sé.

Nel 1997 altro nome nuovo, quello del medico di Chignolo Po con la motonautica nel sangue, Giuseppe Sterza. Nella prima parte del tracciato lo superò Giorgio Lucchini alla guida di un magnifico Dac che gli valse nuovamente la conquista della Coppa Montelera. Lucchini salì sul podio al secondo posto con un distacco di soli 10 secondi. Alle spalle dei due contendenti si piazzarono Romanello Balocchi e Marco Maran.

Ma la vera star di questa edizione fu Aldo Aielli, 73 anni, detto il Caimano del Po, con il primato di 37 partecipazioni al Raid, che per la prima volta fu costretto al ritiro per un guasto al motore a pochi passi dal traguardo. L’edizione 1998 fu vinta da Dino Zantelli, che giunse secondo nel 1999 ma tornò sul gradino più alto del podio nel 2000 e nel 2001.

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Il ‘Leonardo’ del Raid
Per l’ingegner Fabio Buzzi, classe 1943, il Raid non è mai stato solo una corsa. E’ stata sempre l’occasione per provare nuovi motori, nuovi scafi, nuove soluzioni tecniche, nuove diavolerie di sua invenzione. Nel 1969 si presentò al Raid con un tre punti fuori bordo e un motore Mercury da 700 cc presi a prestito. Riuscì a capovolgersi in Laguna sull’onda di una nave, affondando lo scafo e riuscendo a ripescarlo con l’aiuto di una chiatta. Dopo tre ore, ripartì senza carenatura, dopo aver asciugato il motore. Si dovette fermare per un’ondata nei carburatori scoperti, a non più di 100 metri dall’arrivo. La pagaia di dotazione se l’era persa prima: annaspò dunque con le mani quasi fino al traguardo, poi usò il remo di un gondoliere mosso da pietà. Si piazzò gloriosamente penultimo, su oltre 100 concorrenti, in mezzo a un mare di applausi. Nell’edizione 1986 Fabio Buzzi finì alla massima velocità contro un’isola semisommersa del Po, spaccando lo scafo. Nel 1987 dovette cambiare tre batterie una dopo l’altra prendendole in prestito dagli spettatori lungo il percorso. Nell’edizione 1990, imboccò il canale sbagliato a Volta Grimana e si ritrovò al Faro di Porto Tolle. Quando se ne accorse, tornò indietro a tutta velocità, recuperando giusto in tempo per arrivare secondo, dietro a Petrobelli, con un minuto di distacco. Nel 1992, dopo 30 km di percorso, si ritrovò su una riva a Stradella, con lo scafo spezzato. I soccorritori lo trovarono a tavola con i proprietari della casa galleggiante che aveva evitato per miracolo. Nel 2005 si è arenato sulla sabbia, ‘arando’ un lungo tratto di Isola Serafini.

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Scontro di Titani
La fine del Novecento e l’inizio del Nuovo Millennio portò un ritrovato entusiasmo dell’ambiente motonautico intorno al Raid Pavia Venezia. Nel 1999 la vittoria andò a Dino Parmeggiani alla guida di uno scafo O3000 Clerici, azionato da un fuoribordo Mercury. Sul terzo gradino del podio salì Paolo Ferrari. Alle loro spalle si piazzarono l’elvetico Spacio, Cocozza e Pievani.

Il primo raid del Terzo Millennio fu vinto da Dino Zantelli alla guida del fedele Lucini-Alfa Romeo, imponendosi a una media di circa 160 km/h. Alle sue spalle si piazzarono Giuseppe Pievani e Gianni Sarti, mentre al quarto posto giunse Giorgio Siviero. Tutti e 4 gareggiavano nella classe R2000. L’edizione del 2001 sarà invece ricordata per le barche innovative che si presentarono alla linea di partenza e per l’apertura del raid alle moto d’acqua, che hanno aggiunto una forte componente di spettacolarità.

I centauri dell’acqua si sono rivelati in grado di tenere medie orarie di tutto rispetto, superiori ai 100km/h. Dino Zantelli,alla guida di un catamarano fuoribordo classe 0 3000 spinto da un motore Mercury, colse il suo terzo successo nonostante la guida piuttosto prudente. Infatti non superò la velocità di 174 km/h Alle sue spalle si piazzò Pierluigi Nordio, secondo sul podio per un soffio e al terzo posto salì Fabio Buzzi, al volante del suo “Mostro”, lo storico FB Design-Bmw.

Il 61°Raid nel 2001 è stato vinto da Dino Zantelli con Pierluigi Nordio al secondo posto e Luigi Abbiati al terzo. Dino Zantelli vince anche la Coppa Montelera. Il 62° Raid, vinto da Fabio Buzzi che ha toccato i 182,820 km/h ha visto un grande ritorno delle donne.

Cinzia Treossi ha conquistato il quinto posto assoluto in tandem con Carlo Bentivogli. Mara Mazzucotelli in coppia con Achille Mazucotelli si è piazzata all’8° posto nel Raid del 2002, giusto davanti a Caterina Croze, arrivata al nono posto assoluto in team con Giampaolo Focchi. Graziella Fontana su moto d’acqua si piazza al 26° posto. Al 41° posto arriva Jennifer Milani, Francesca Gava si è ritirata per un guasto al motore.

La 63° edizione, nel 2003 è stata sospesa a causa della scarsità d’acqua nei fiumi Po e Ticino. E’ stata dunque ripetuta nel 2004 e vinta da Fabio Buzzi con un entrobordo disegnato da lui che filava alla velocità media di 197.610 km orari. Egli ha vinto anche la Coppa Montelera toccando i 215.72 km orari nel tratto Ponte della Becca-Isola Serafini (dove poi si è incagliato).

L’ultima edizione del raid nel 2006 è stata vinta da Dino Zantelli con un bellissimo fuoribordo giallo e rosso che ha toccato i 203,341 km orari (scafo Clerici, motore Mercuri). Ha vinto la Coppa Montelera nel tratto Revere Pontelagoscuro toccando i 199,155 km/h. Nel 2007 la classica di motonautica fluviale non si è corsa a causa della scarsità d’acqua nei fiumi Po e Ticino.

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Dino Zantelli, il parmense volante
Per il pluricampione del Raid e della Coppa Montelera, la Pavia-Venezia è una gara dal fascino incredibile. La corre da vent’anni ormai e con essa ha saputo dimostrare non solo la sua crescita professionale al volante, ma anche la grande manovrabilità e capacità di ripresa dei catamarani, qualità che permettono a questi scafi di prevalere anche sulla tradizionale velocità di punta dei racers. Il parmense, passato dal rosso-verde del racer Lucini Alfa Romeo al giallo fiammeggiante del catamarano Clerici-Mercury classe 0.3000, è noto per la sua meticolosa preparazione della gara, della barca e del motore nonché del suo team di collaboratori. Che se la prendono molto più di lui quando la vittoria non arriva puntuale. E hanno ragione: Dino Zantelli, è di sicuro un degno erede dei grandi motonauti del passato.

 

Le donne del Raid
La prima donna del Raid, ultima a partire nela prima edizione del 1929, fu la signorina Franci Balboni. Un motore Elto spingeva la sua imbarcazione uscita dai cantieri Taroni di Stresa. Pina Capè nelle tre edizioni del raid che si corsero fra il 1933 e il 1935 fu sempre ai vertici delle classifiche. Irma Lucchini, vincitrice di gare motonautiche a Ginevra e Monaco nel 1937 e nel 1938, nobilitò con la sua presenza anche il raid Pavia-Venezia. Passarono vari anni prima di vedere il gentil sesso ai vertici del raid. Nel 1954, di fianco allo straordinario Augusto Cometti, in qualità di co-pilota e meccanico del rosso “Pelaochi” c’era la sua spericolata sorella, Camilla. Ma si deve arrivare al 1972 prima di festeggiare un podio femminile: Gabriella Corti vinse nella classe 700cc carena tradizionale.

L’edizione del 187, quindici anni più tardi, sarà ricordata come quella delle ‘Tre Marie”, vista la presenza di un equipaggio tutto al femminile formato da Silvana e Nicoletta Mora con Paola Petrobelli. Giunsero al traguardo con un Marlin Boat Suzuki in 10 ore, dopo vari incidenti. Vennero poi impietosamente squalificate dalla commissione per la mancata esibizione della patente nautica da parte dell’equipaggio. Nella stessa edizione però, Stefania Bartoli giunse terza nella classe 1. Nel 1990 al 19 posto assoluto e al primo posto nella sua classe si piazzò Milena Clerici, che concluse la gara alla media oraria di 124km.

Nell’edizione 2002 la presenza femminile si fa nuovamente notare. Cinzia Treossi ha conquistato il quinto posto assoluto in tandem con Carlo Bentivogli. Mara Mazzucotelli in coppia con Achille Mazucotelli si è piazzata all’8° posto nel Raid del 2002, giusto davanti a Caterina Croze, arrivata al nono posto assoluto in team con Giampaolo Focchi. Graziella Fontana su moto d’acqua si piazza al 26° posto. Al 41° posto arriva Jennifer Milani, Francesca Gava si ritira invece per un guasto al motore.

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La Signora del Raid
Negli Anni Trenta pochissime donne in Italia potevano tenere tra le mani il volante di un’automobile. Dunque si potevano contare sulle dita di una mano quelle che sapevano guidare un motoscafo e decidevano di lanciarlo a 72km orari (nel 1935 era una bella velocità) su un percorso di 400 chilometri. Pina Capè si classificò per tre anni al primo posto nella sua categoria di corsa, al Raid Pavia Venezia, davanti a piloti che, lanciati a tutta velocità sul Po e sul Ticino, non osservavano di certo le regole della cavalleria maschile di fronte al gentil sesso. La signora Pina Capè arrivava alla Motonautica di Pavia in tuta bianca, scarpette Superga ai piedi, spolverino, foulard e occhiali da corsa, suscitando sguardi di ammirazione e rispetto. Era discreta, amante della sua privacy, aveva uno sguardo sicuro e penetrante. Emanava quell’aria di emancipazione che ai suoi tempi era un’ideale, un desiderio segreto nel cuore delle donne, più che una realtà diffusa.

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